L’art. 147 del D.P.R. n. 115/2002 entrato in vigore il 1 luglio 2002 prevede che in caso di revoca del fallimento, le spese della procedura fallimentare e il compenso del curatore sono a carico del creditore istante, se condannato ai danni per aver chiesto la dichiarazione di fallimento con colpa, mentre sono a carico del debitore “persona fisica”, se con il suo comportamento ha dato causa alla dichiarazione di fallimento. La disposizione in esame, ai sensi dell’art. 12 delle preleggi al c.c., deve essere interpretata non nel senso puramente letterale, bensì in modo costituzionalmente orientato nel senso di ricomprendere nel suo ambito applicativo anche le società, senza alcuna distinzione con le persone fisiche. Sussistono anche i presupposti per estendere analogicamente la norma al caso dell’ex fallito persona giuridica, tenuto conto della evidente identità tra debitore persona fisica e persona giuridica ai fini del regolamento delle spese della procedura. Pertanto, allorché è escluso che il creditore istante possa aver provocato con colpa la dichiarazione di fallimento successivamente revocata – in quanto in sede di opposizione alla sentenza di fallimento non condannato al risarcimento dei danni ex art. 96 c.p.c. – è la società debitrice reclamante che deve ritenersi responsabile degli oneri che dalla dichiarazione di fallimento siano derivati, essendo incorsa in comportamenti che hanno indotto il giudice nell’errato convincimento della esistenza degli estremi necessari per la dichiarazione successivamente revocata.

Riferimenti normativi
D.P.R. n. 115/2002 art. 147
Art. 12 preleggi al codice civile
Art. 3 Costituzione

Conformi
Tribunale di Udine, Decreto 22.05.2009
Cassazione civile n. 13147/2002, n. 18106/2005